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Nuovo studio sul tumore ovarico farmaco-resistente

lunedì 25 novembre 2024

Speranze per il trattamento delle recidive grazie alla ricerca finanziata da AIRC e pubblicata su Science Advances

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Uno studio del CRO di Aviano, pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Science Advances, accende nuove speranze per il trattamento delle recidive farmaco-resistenti dei tumori ovarici. La ricerca, finanziata da AIRC - Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, è stata condotta dalla struttura di Oncologia molecolare del Centro avianese, con la collaborazione dell’Anatomia patologica, della Chirurgia ginecologica e dell'Oncologia medica dell'Istituto.

“Il carcinoma ovarico epiteliale non è molto frequente, ma è ancora una malattia difficile da curare”, spiega Gustavo Baldassarre, direttore della struttura di Oncologia molecolare del CRO. “In Italia si stimano circa 6.000 nuovi casi di tumore ovarico all'anno e, purtroppo, nella maggior parte dei casi la diagnosi arriva in uno stadio avanzato della malattia. Mentre le fasi precoci hanno un’ottima prognosi, quelle avanzate, infatti, risentono di recidive chemio-resistenti”.

“Il trattamento dei tumori dell'ovaio si basa sulla chemioterapia, ma negli ultimi anni è stato aggiunto un trattamento a bersaglio specifico con PARP inibitori che ha migliorato di molto la sopravvivenza in pazienti con una malattia chemio-sensibile”, precisa Maura Sonego dell'Oncologia molecolare che ha coordinato la ricerca. “Da alcuni anni, assieme al mio gruppo di lavoro, stiamo studiando una proteina, nota come USP1, coinvolta nella risposta alla chemioterapia con composti a base di platino. Tre anni fa ho ricevuto un finanziamento da AIRC per approfondire il ruolo di questa proteina nel regolare la risposta ai PARP inibitori”.

“Abbiamo capito – prosegue Sonego - che bloccare la proteina USP1 con farmaci specifici è possibile e potenzia l'effetto del trattamento non solo in un contesto di sensibilità alla terapia, ma anche e soprattutto in pazienti che non rispondono alla chemioterapia e ai PARP inibitori. Pensiamo che questa sia una possibile futura opportunità per il trattamento di tumori ovarici chemio-resistenti, che, a oggi, non hanno ancora terapie adeguate”.

Prima autrice del lavoro è Anna Nespolo, ricercatrice che si è occupata in prima persona della maggior parte degli esperimenti alla base dello studio. “Ho iniziato a frequentare il laboratorio di Oncologia molecolare del CRO nel 2020 per la mia tesi di laurea e mi sono appassionata a questa ricerca”, racconta Nespolo. “Così, ho deciso di continuare qui il mio percorso formativo, grazie a un dottorato in collaborazione con l’Università di Trieste. Lavoro a questo progetto ormai da quattro anni e sono molto contenta perché abbiamo raggiunto un grande obiettivo, che mi ripaga dell'impegno e dei sacrifici fatti”.

Al lavoro, come detto, hanno collaborato diverse strutture del Centro di Riferimento Oncologico. “Sono un convito sostenitore dell’approccio multidisciplinare in oncologia – conferma Baldassarre - e penso che solo mettendo insieme le competenze di tutti si possono raggiungere risultati importanti. Questo lavoro, come molti altri, ne è la dimostrazione. Il coinvolgimento dei colleghi clinici è fondamentale per inquadrare i bisogni dei pazienti e cercare di trovare insieme una risposta”.

“E’ sempre importante ricordare che il passaggio dalla sperimentazione preclinica all’applicazione clinica è, in genere, un processo che dura decine di anni e solo una piccola parte degli studi diventa poi una terapia validata”, spiega ancora Baldassarre. “La buona notizia è che gli inibitori di USP1 sono ora in corso di sperimentazione clinica negli Stati Uniti per valutarne tossicità ed efficacia nei tumori solidi”.