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Amianto, il contributo del CRO nella cura del mesotelioma

martedì 28 aprile 2020

Il 28 aprile è la giornata mondiale delle vittime da esposizione all’amianto, ad Aviano studi all'avanguardia nel trattamento della principale patologia collegata

Il 28 aprile si celebra la giornata mondiale delle vittime da esposizione all’amianto, agente cancerogeno che solo in Italia è stato la causa di 13.051 morti nel periodo tra il 2003 ed il 2014. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in 125 milioni le persone esposte a rischio amianto, il 75% dei quali in contesti lavorativi. Una delle principali patologie causate dall’esposizione all’amianto è il mesotelioma, un tumore raro della pleura che rappresenta lo 0,4% di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo e lo 0,2% di quelli diagnosticati nelle donne. È opinione diffusa che il trend continuerà ad aumentare fino almeno al 2030, quando la messa al bando di questo minerale comincerà a mostrare i suoi effetti in modo significativo. 

In passato il mesotelioma era considerato incurabile e il trattamento tramite radioterapia, eseguito per lo più con finalità palliative, veniva eseguito soltanto in pochi centri internazionali, a causa dei gravi problemi derivanti dalla tossicità e alla inaccettabile percentuale di mortalità. La radioterapia tradizionale indirizzata allo scavo pleurico non permetteva infatti di risparmiare i tessuti circostanti e metteva a serio rischio polmoni, cuore, fegato e reni.

Al Centro di Riferimento Oncologico di Aviano il trattamento dei primi pazienti affetti da mesotelioma è iniziato dopo il 2009, in seguito all’acquisto di un acceleratore di tomoterapia, una tecnologia radioterapica che consente di indirizzare in modo mirato dosi radicali sul tessuto interessato per campi di grandi dimensioni come un emitorace completo. Vista l’elevata richiesta dei pazienti verso questo tipo di procedura, è stato necessario impostare un percorso di perfezionamento che ha richiesto uno studio di fattibilità e uno studio di efficacia. 

Grazie a questi studi, il CRO ha sviluppato una competenza all’avanguardia nel trattamento del mesotelioma. Potendo contare su una notevole affluenza di pazienti affetti da mesotelioma (sono stati 459 quelli trattati nel decennio 2009-2019) e a tecnologie all’avanguardia nel trattamento di questo genere di neoplasie, l’equipe dipartimentale coordinata dal dott. Emilio Minatel, in collaborazione il dott. Marco Trovò, e composta da medici, tecnici e infermiere della radioterapia, fisici, medici nucleari e oncologi medici, ha iniziato nel 2016 e portato a termine nel 2019 uno studio randomizzato, ora in fase di pubblicazione, che ha fornito indicazioni molto confortanti a favore di una nuova e promettente tecnica di trattamento radioterapico, definita lung sparing.

Lo studio, senza precedenti noti a livello mondiale, ha permesso di mettere a confronto il trattamento radiante considerato oggi standard e una radioterapia con intento radicale su tutto l’emitorace colpito attraverso una tecnica radiante a fasci di intensità modulata (IMRT) definita lung sparing, ovvero in grado di ridurre considerevolmente la tossicità e i danni ai polmoni e ai tessuti circostanti. Questa tecnica è oggi rivolta a tutti i pazienti, siano essi suscettibili di intervento chirurgico o meno, dopo un trattamento chemioterapico.

Lo studio ha dimostrato un beneficio maggiore sui pazienti trattati con la radioterapia lung sparing, la cui sopravvivenza è raddoppiata (dal 30% al 60% nei due anni successivi al trattamento) rispetto a quelli trattati con il protocollo standard. «È un dato promettente: l’uso di questo tipo di radioterapia, specialmente nei casi in cui il tumore può essere solo parzialmente rimosso con l’intervento chirurgico, offre un chiaro vantaggio in termini di sopravvivenza», riferiscono il dott. Emilio Minatel e il dott. Alberto Revelant, attuali responsabili del progetto.

Il CRO è oggi uno dei pochi centri oncologici ad offrire il trattamento radioterapico lung sparing, che ora si cerca di estendere progressivamente anche ai pazienti finora non candidabili, perché troppo fragili, attraverso una variante chiamata split course, che suddivide la dose radicale del trattamento in due fasi, valutandone la tossicità e l’efficacia. Un ulteriore livello di affinamento della terapia potrà avvenire in futuro con l’acquisizione di nuove tecnologie, come la protonterapia.

Dei 459 casi di mesotelioma trattati al CRO nel decennio 2009-2019, il 30% proviene dal Friuli Venezia Giulia, il 64% da fuori regione (pazienti provenienti da tutte le regioni italiane ed in particolare dal Veneto) e il 6% dall’estero (Croazia).

È intenzione dell’equipe specializzata del Centro di Riferimento Oncologico continuare questa esperienza con la collaborazione, instaurata nel corso degli anni, con i reparti di oncologia medica e oncologia radioterapica della regione Friuli Venezia Giulia. Sono inoltre attive collaborazioni con alcuni centri internazionali interessati alla cura del mesotelioma, come il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, il Center for Advanced Medicine di St. Louis, il Velindre Cancer Centre di Cardiff, l’Universitätsklinik di Bonn e la clinica “Radiochirurgia” di Zagabria.