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Protonterapia ad Aviano, firmata la delibera

venerdì 8 maggio 2020

Avviato l’iter che porterà la nuova tecnologia per la cura di precisione dei tumori nell’Istituto di cura e ricerca pordenonese entro il 2023

Le direzioni del CRO firmano la delibera per l'avvio dell'iter della Protonterapia

La protonterapia diventa realtà al Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. La firma della delibera che dà avvio alla procedura di acquisizione della nuova tecnologia per il trattamento radioterapico innovativo dei tumori è stata apposta questa mattina dal direttore generale del CRO Francesca Tosolini, al termine di un evento ristretto (a causa delle misure anti Covid-19) a cui hanno partecipato il presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il vicepresidente e assessore alla salute Riccardo Riccardi. La gara di affidamento, che sarà pubblicata entro 15 giorni, e la successiva costruzione del bunker con installazione del sistema per la terapia protonica richiederanno circa tre anni di lavoro.

La protonterapia ad Aviano potrebbe essere una realtà entro la fine del 2023. Importante l’investimento in campo: 32 milioni di euro, che potranno essere oggetto di economie in sede di gara, sostenuti sia da finanziamenti di programmazione sanitaria stanziati nel 2019 dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia sia da fondi propri del CRO, provenienti dai fondi del 5 per mille e da donazioni per la ricerca dei cittadini. L’importo comprende gli oneri progettuali, le opere edili per la costruzione del bunker che ospiterà i macchinari e la posa in opera del sistema per la terapia protonica.

Il CRO di Aviano diventerà in questo modo il primo istituto dei tumori pubblico e il quarto centro in Italia (dopo Trento, Pavia e Catania) a dotarsi di questa tecnologia, che rappresenta una possibilità in più per molte persone ammalate di tumore. La protonterapia è un progetto di grande impatto innovativo, non soltanto tecnologico, destinato a incentivare ulteriormente lo sviluppo del centro oncologico pordenonese e con esso dell’intero sistema sanitario del Friuli Venezia Giulia, oltre a rappresentare un volano per l’economia sanitaria del Nord Est e un’opportunità per l’intero sistema sanitario nazionale.

Un progetto a lungo ponderato

La firma di oggi giunge al termine di un iter di approfondimento tecnologico, scientifico ed economico avviato fin dagli inizi del precedente decennio. Il primo a intuirne le potenzialità fu l’indimenticato dott. Mauro Gaetano Trovò, direttore dell’oncologia radioterapica del CRO fino alla scomparsa improvvisa nel 2014. Lo slancio progettuale degli scorsi anni ha trovato compimento nei giorni immediatamente precedenti all’esplosione della pandemia da Covid-19, quando tuttavia si è valutato di attendere alcune settimane in considerazione delle priorità legate all’emergenza.

La protonterapia ad Aviano è un progetto estremamente ragionato, che ha i suoi punti di forza nelle caratteristiche distintive del CRO: un istituto completamente dedicato allo sviluppo dell’eccellenza nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie oncologiche, dove convivono la pratica clinica, attraverso la presa in carico multidisciplinare e integrata del paziente, e la ricerca clinica, preclinica e traslazionale, peculiarità queste ultime del riconoscimento del carattere scientifico dell’Istituto come IRCCS fin dal 1990.

Gli investimenti in tecnologie hanno sempre rappresentato una parte fondamentale per il raggiungimento e il miglioramento degli obiettivi sanitari e di ricerca che l’Istituto si è dato fin dalla sua fondazione. Il CRO è stato fra i primi centri in Italia a implementare in clinica la radioterapia 3D conformale e in seguito la radioterapia a intensità modulata (IMRT), la radioterapia intraoperatoria e la radioterapia elicoidale. Decisiva, in questo senso, è la forte integrazione delle componenti cliniche, tecnologiche, fisiche e di ricerca tipiche dell’Istituto, che rendono ogni nuovo investimento la naturale evoluzione tecnologica, clinica, scientifica e formativa dei progetti a vantaggio della popolazione e della ricerca oncologica.

I vantaggi della protonterapia

La terapia con fascio di protoni è un sostanziale progresso della radioterapia dei tumori. Si tratta di un’apparecchiatura in grado di emettere radiazioni di precisione che irradiano direttamente la parte anatomica interessata, riducendo al minimo le emissioni potenzialmente dannose ai tessuti e agli organi circostanti, aprendo percorsi concreti di medicina di precisione e personalizzata. La protonterapia può offrire vantaggi nella cura dei tumori dell’occhio, della base del cranio, del midollo spinale, delle ghiandole salivari, delle ossa, dei muscoli posti in sedi critiche e dei tumori già precedentemente irradiati con tecniche tradizionali.

Stanno inoltre emergendo nuove possibili indicazioni per tumori particolarmente critici come i mesoteliomi, i tumori del pancreas e del fegato, i tumori della sfera otorinolaringoiatrica e i tumori cerebrali. Per la sua capacità di ridurre gli effetti collaterali a lungo termine sui tessuti sani circostanti il tumore, integrazione con altre discipline e ricerca nell’obiettivo di una medicina sempre più di precisione e personalizzata. La protonterapia è particolarmente indicata nell’età pediatrica, rispetto alla quale il CRO ha maturato una delle più rilevanti esperienze italiane nelle terapie tradizionali con fotoni, un’esperienza che può rappresentare la piattaforma ideale per lo sviluppo tecnologico futuro delle cure sui bambini, sugli adolescenti e sui giovani adulti. La nuova tecnologia in arrivo al CRO permetterà infine all’Istituto di avviare nuovi studi comparativi ad alto impatto clinico e di ricerca, in collaborazione con altri centri italiani e internazionali.

Si stima che la protonterapia possa avere benefici rilevanti nella cura di una quota pari al 10-15% dei pazienti oncologici. Rispetto agli 84.000 pazienti censiti in Italia, questo si traduce in una popolazione potenziale di almeno 7/10.000 persone (in crescita, secondo i trend più recenti), che i centri attualmente operativi a livello nazionale faticano a assorbire. L’installazione avianese, un sistema a singola sala di trattamento nell’investimento attuale, promette di assorbire circa 200/250 pazienti all’anno (su un totale di 2.300 nuovi pazienti attualmente trattati ogni anno con radioterapia ad Aviano). Ad Aviano, la protonterapia non sarà una tecnologia a sé stante, ma pienamente integrata e complementare con le apparecchiature di radioterapia a fotoni già in dotazione all’Istituto, permettendo ad ogni paziente di poter disporre dell’opzione terapeutica migliore.

I tempi della gara

Con la delibera adottata oggi, ha inizio un iter formale che impegnerà l’amministrazione del CRO per i prossimi tre anni almeno. A metà maggio sarà indetta la gara europea: le aziende interessate avranno 75 giorni per completare i sopralluoghi e formulare una proposta progettuale (che peserà per il 75% sulla valutazione complessiva) ed economica (il restante 25%). Alla scadenza dei termini e dopo le necessarie verifiche amministrative, sarà nominata una commissione di valutazione formata da tecnici interni ed esterni al CRO, a cui spetterà il compito di esaminare la qualità tecnica delle proposte pervenute. Al termine dell’istruttoria si otterrà la graduatoria che, messa a confronto con le offerte economiche, porterà all’individuazione dell’impresa vincitrice.

L’amministrazione del CRO punta ad arrivare al completamento delle verifiche formali e dunque alla firma del contratto per la fornitura della tecnologia e delle opere collegate entro la fine del 2020. A quel punto l’impresa aggiudicataria avrà 36 mesi per consegnare all’Istituto il sistema di protonterapia chiavi in mano. Come primo compito dovrà presentare un progetto, che diventerà esecutivo non appena ricevute tutte le autorizzazioni prescritte dalle autorità competenti. La costruzione del bunker, ovvero le opere di scavo e quelle murarie per la costruzione dell’edificio che ospiterà la protonterapia, richiederà almeno un anno di lavori. L’area è già stata individuata nelle adiacenze dei cosiddetti "denti” del corpo di fabbrica dell’istituto, nell'area del poliambulatorio per i trattamenti in day hospital. I nuovi locali saranno connessi alla radioterapia del CRO attraverso un collegamento diretto interrato.

«Un'opportunità per tutto il Paese»

«Veder decollare il progetto per la protonterapia è una grande soddisfazione per l’Istituto, ma è anche un’opportunità per tutto il Paese, non solo per il Friuli Venezia Giulia. Apre anche la possibilità di estendere la collaborazione fuori dall’Italia», ha commentato la direttrice generale del Centro di Riferimento Oncologico Francesca Tosolini. «Questo è un atto che esprime fiducia nel futuro e nel progresso della medicina, tanto più significativo perché adottato in una congiuntura così difficile per il nostro Paese e per il mondo intero. La pandemia non ferma i tumori e il nostro dovere resta quello di ricercare soluzioni sempre più mirate per proporre opportunità di cura e di guarigione per i nostri pazienti».

«Per un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico come il CRO, l’acquisizione della protonterapia significa anche avviare nuovi studi clinici e preclinici, consolidando la presenza del CRO nel contesto dell’oncologia nazionale ed internazionale», ha spiegato Silvia Franceschi, direttrice scientifica facente funzioni del CRO. «Aree importanti di ricerca includono lo spettro di tumori in cui la protonterapia offre i maggiori vantaggi, la sua combinazione ottimale con la chirurgia e la chemioterapia, e l’identificazione di predittori individuali di efficacia e tossicità».

«L’investimento in protonterapia è cruciale per mantenere l’eccellenza terapeutica del CRO, ma ci consentirà anche di continuare a formare la sua classe dirigente e ad attrarre nuove generazioni di professionisti all’avanguardia», ha concluso Giovanni Franchin, direttore del Dipartimento delle Alte Tecnologie e della struttura di Oncologia Radioterapica del CRO. «La protonterapia rappresenta la continuità nella storia di questo istituto, che è basata sull’integrazione degli aspetti clinici, tecnologici e di ricerca, sulla collaborazione tra le specializzazioni a favore dei pazienti e sull’inserimento attivo dell’istituto nelle reti nazionali e internazionali di terapia e di ricerca oncologica».