L’incidenza del tumore alla prostata in Europa
Pubblicato su BMJ uno studio condotto da IARC e CRO che sottolinea come la sovradiagnosi spieghi le differenze osservate dal 1980 al 2017
In Italia il cancro della prostata è il tumore più diffuso nella popolazione maschile e rappresenta il 18,5 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo. Un nuovo studio, pubblicato sull’importante rivista British Medical Journal, ha mostrato che un numero rilevante di tumori alla prostata viene sovradiagnosticato in Europa a causa dell’intensità variabile di test con un esame del sangue che misura la quantità di antigene prostatico specifico (PSA). La sovradiagnosi consiste nella diagnosi di un tumore che, anche se non scoperto, non avrebbe causato sintomi né effetti negativi sulla salute nel corso della vita di una persona.
Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione in collaborazione con ricercatori del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano e di altri Istituti internazionali e con il supporto della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. Attraverso un confronto delle principali caratteristiche epidemiologiche dei tumori della prostata in 26 Paesi europei, lo studio ha quantificato la variabilità dei tassi di incidenza rispetto a come sono variate la frequenza dei test del PSA e i tassi di mortalità.
Nel periodo compreso fra il 1980 e il 2017, i tassi di incidenza per tumori della prostata sono aumentati ovunque in Europa, anche se in modo eterogeneo fra i vari Paesi. La grande differenza – sia nell’entità che nel tasso di incidenza – coincide con le variazioni temporali della frequenza di test PSA. Al contrario, i tassi di mortalità sono stati decisamente più bassi e meno variabili rispetto ai tassi di incidenza. Nei primi anni 2000 in Italia, Francia e Spagna, per esempio, è stato riscontrato un numero di nuovi casi oltre 10 volte più numeroso rispetto ai decessi registrati.
Nei diversi Paesi europei è emersa una incidenza molto diversa per il tumore alla prostata, con tassi molto più alti (il doppio) nei Paesi scandinavi rispetto all’Italia e all’Europa orientale. A queste differenze si è contrapposta una variazione molto meno marcata nella mortalità.
“Questi risultati suggeriscono la presenza di una notevole sovradiagnosi dei tumori della prostata che si verifica come conseguenza dello screening con il test del PSA”, afferma Diego Serraino, collaboratore dello studio e direttore dell’Epidemiologia oncologica del CRO e del Registro Tumori FVG. “Si tratta di ridurre il rischio di sovradiagnosi e di trattamenti in eccesso che potrebbero portare ai pazienti più problemi che vantaggi”.
In linea con queste preoccupazioni, il Piano europeo per la lotta contro il cancro dell’Unione Europea ha recentemente pubblicato delle raccomandazioni per una nuova strategia di screening del tumore della prostata. In particolare, le nuove raccomandazioni europee consigliano l’esecuzione del test del PSA nei maschi fino a 70 anni seguito, in caso di PSA compreso fra 3 e 10, da una risonanza magnetica multiparametrica. Per fare un esempio, il ricorso alla risonanza magnetica prima delle biopsie prostatiche mirate, rispetto alle sole biopsie sistematiche, dovrebbe ridurre il numero di uomini a cui viene diagnosticato inutilmente un tumore della prostata.
“Le differenze di incidenza di tumori nella prostata che registriamo in Europa e in Italia sottolineano quanto sia necessario continuare a monitorare a livello di popolazione gli andamenti temporali di questi tumori e il possibile impatto delle nuove linee guida” sostiene Serraino. “Questo sarà possibile e porterà beneficio ai pazienti grazie alle informazioni raccolte dai registri tumori, come quello del Friuli Venezia Giulia che ha attivamente partecipato allo studio”.