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Tumori ovarici, identificato il gene che li difende dalle terapie

mercoledì 2 settembre 2020

Ricercatori del CRO hanno dimostrato come l’assenza del gene SGK2, controllabile tramite farmaco, blocchi la resistenza ai trattamenti con platino

Nuova importante scoperta scientifica nei laboratori di ricerca del CRO di Aviano: un team formato da specialisti di Oncologia molecolare diretta dal dott. Gustavo Baldassarre con la consulenza statistica dell’Epidemiologia oncologica diretta dal dott. Diego Serraino ha identificato un gene responsabile della sopravvivenza alla chemioterapia a base di platino dei tumori ovarici. I risultati della ricerca, principalmente condotta da tre giovani ricercatrici – Valentina Ranzuglia, Ilaria Lorenzon e Ilenia Pellarin – sotto la guida di tra gli altri da Monica Schiappacassi e Gustavo Baldassarre, sono stati pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista internazionale Oncogene (SpringerNature).

I tumori ovarici sono non molto frequenti, ma molto spesso di difficile cura per la loro diagnosi tardiva e per la resistenza alla chemioterapia con platino (detta platino-resistenza). Identificare i meccanismi alla base della platino-resistenza è dunque necessario per trovare nuove alternative di cura o per migliorare l’efficacia della chemioterapia. Utilizzando modelli cellulari di tumore ovarico e un approccio di genomica funzionale per la valutazione della risposta al platino di 680 geni, il team di Oncologia molecolare del CRO (supportato per la microscopia elettronica dall’Istituto Rizzoli di Bologna) ha identificato il gene SGK2 come possibile mediatore della sopravvivenza del tumore alla chemioterapia con platino.

«Il platino induce nelle cellule di tumore ovarico un meccanismo di rimozione selettiva di componenti danneggiati, chiamato autofagia. Esso permette alle cellule tumorali di sopravvivere in condizioni di stress, come la chemioterapia», spiega Monica Schiappacassi. «La nostra ricerca ha dimostrato che il gene SGK2 è necessario all’autofagia: in assenza di questa proteina, l’autofagia si blocca. Abbiamo dunque utilizzato una piccola molecola – un nuovo farmaco per intenderci – che blocca l’attività di SGK2, potenziando l’attività del platino non solo sulle cellule di tumore ovarico ma anche su cellule di tumore ovarico platino resistenti. Lo stesso meccanismo funziona anche su cellule derivate da tumori della testa e del collo o da tumore mammario triplice negativo, che sono tumori trattati in clinica con chemioterapia a base di platino».

«Portare avanti questo tipo di lavoro, durato anni, è stato possibile oltre che dal sostegno del CRO e del 5x1000 che tanti contribuenti donano all’Istituto, anche grazie a finanziamenti dedicati del Ministero della Salute e della Ragione Friuli Venezia Giulia: un ottimo esempio di come il supporto integrato di Stato e Regione possa favorire la ricerca no profit del nostro Paese», aggiunge Gustavo Baldassarre.

«Le terapie a base di platino hanno rivoluzionato il trattamento dei tumori dell’ovaio negli anni Ottanta e si sono rivelati essenziali per gli altri tumori della donna e per quelli del polmone e della testa e del collo. Raffinare e complementare il loro utilizzo rappresenta una delle priorità nell’oncologia medica», ha commentato la direttrice scientifica facente funzioni Silvia Franceschi.

«I risultati di questo lavoro pluriennale dimostrano ancora una volta l’eccellenza della ricerca del CRO e l’importanza di un ambiente multidisciplinare, integrato tra ricerca, diagnostica e clinica, nell'offrire nuove possibilità di cura ai pazienti», ha dichiarato la direttrice generale del Centro di Riferimento Oncologico Francesca Tosolini.